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Erboristerie in Italia
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astringente, emmenagogo, vulnerario.
foglie, ceppo (autunno); pulire il ceppo, essiccarlo tagliato a pezzi.
alcaloide tossico (aristolochina), un principio amaro, olio essenziale, tannino, glucidi, resina.
La Natura ha realizzato una temibile trappola creando fiori giallo oro all’aristolochia; infatti, gli insetti, entrati nella corolla, scivolano su un rivestimento ceroso che tappezza l’interno e poi una barriera di peli impedisce loro di risalire all’esterno. Quando il fiore appassisce, i peli diventano secchi e gli insetti prigionieri, tutti ricoperti di polline, riescono a liberarsi e assicurano così la fecondazione. E’ una pianta perenne che predilige il caldo e i terreni calcarei; è presente frequentemente nei vigneti, lungo le siepi e gli argini delle regioni mediterranee ed è facilmente riconoscibile per le sue grandi foglie verde-tenero, a forma di cuore, e per il suo odore nauseabondo.
Molte specie di aristolochia erano già note nell’antichità e impiegate per la loro azione dalle parole greche aristos, eccellente, e lokia, parto.
Dal XVIII secolo, le aristolochie sono state utilizzate, nelle campagne, per le loro proprietà astringenti e vulnerarie. Attualmente, si utilizza soltanto la radice essiccata, perché, fresca, è tossica.
Stalloggi, Erba astrologa, Pistolochia, Strologia, Astrologi
Aristolochia clematitis L.
da 20 a 80 cm. perenne, fusto semplice, eretto: foglie grandi con lunghi piccioli, a cuore rovesciato, margini dentellati; fiori gialli (maggio-giugno), peduncolati, a forma di cornetti rigonfi alla base, da 2 a 8 all’ascella delle foglie superiori, 6 stami interni, antere saldate, 6 carelli; capsula pendula, carnosa; ceppo lungamente strisciante, rofondo e fragile. Odore nauseabondo; sapore acre.
in quasi tutta Italia, tranne che nelle Isole, nei terreni calcarei, nei vigneti, lungo argini e siepi.